Oscar si svegliò
di soprassalto, madida di sudore e con il cuore che le batteva all'impazzata.
Il primo sole dell'alba
cominciava a filtrare fra le imposte socchiuse e realizzò di essere
in caserma, nella sua stanza.
"Di nuovo quel maledetto
sogno..." - pensò fra sé, seduta sul letto. Quel sogno, o
meglio, quell'incubo che da qualche settimana turbava le sue brevi ore
di sonno.
Da quando lei ed Andrè
erano stati assaliti a Parigi dalla folla inferocita mentre andavano dal
Generale Bouillet, continuava ogni notte a rivivere quei momenti, ma soprattutto
il senso di angoscia ed impotenza che aveva provato mentre Andrè
veniva malmenato e trascinato via, senza che lei potesse aiutarlo...
Aveva davvero temuto
di perderlo per sempre, senza potergli dire tutto quello che da tanto tempo
sentiva dentro.
"Il mio Andrè
è in pericolo! Il mio Andrè è in pericolo!" -
tutto era racchiuso in quella sola frase che aveva gridato a Fersen, corso
provvidenzialmente in loro aiuto.
Quelle poche parole continuavano
a riecheggiare nella sua mente, ma nei giorni seguenti l'incidente, passata
la grande paura, i gravi eventi che stavano sconvolgendo la capitale e
la Francia intera avevano preso il sopravvento e tutto era rientrato nella
normale routine.
Si vestì ed andò
nel suo ufficio, ma proprio non le riusciva di concentrarsi sulle carte
che erano ammassate sulla scrivania.
Pensò che a quell'ora
Andrè probabilmente era già rientrato in caserma, dopo aver
fatto il turno di notte con Alain e gli altri.
Provò un irrefrenabile
desiderio di vederlo, anche se probabilmente era già andato a dormire.
Andò nelle camerate
che erano deserte. Infatti, il turno del mattino era già uscito
ed i soldati che avevano svolto quello di notte trascorrevano i due giorni
di riposo a casa.
Andrè non lo avrebbe
fatto, lo sapeva bene...Le sarebbe rimasto vicino, silenzioso, disponibile
come sempre. Specie con quello che stava succedendo in quei giorni.
Oscar aprì piano
la porta e lo trovò addormentato di traverso sul suo letto, con
la giubba dell'uniforme ancora buttata sulle spalle ed un bicchiere vuoto
in mano. "Certo che era proprio esausto!" - pensò, levandogli
il bicchiere dalle mani, attenta a non svegliarlo e coprendolo delicatamente
con la coperta piegata sulla spalliera.
Lui reclinò la
testa di colpo e la ciocca di capelli che copriva il suo occhio ferito
gli ricadde sul viso.
Oscar non resistette
all'impulso di accarezzarlo...ultimamente era così in ansia per
lui, come mai le era capitato in tanti anni passati insieme.
Rimase a fissarlo in
silenzio per qualche minuto, poi sospirando si voltò per uscire.
Fu allora che vide un
libro posato sul comodino. Era un libro di Rousseau: "La nouvelle Eloise".
Era un romanzo d'amore, lo aveva letto anche lei, naturalmente di nascosto.
Se suo padre avesse anche solo immaginato che leggeva certe cose! Sorrise
appena al pensiero.
Andrè però
era pur sempre un figlio del popolo, nonostante fosse cresciuto in una
famiglia nobile. Troppo leale, troppo onesto per ignorare i cambiamenti
che si stavano preparando...e troppo innamorato, pensò Oscar tristemente.
In fondo era solo a causa
sua che si era arruolato, esponendosi a tutti quei rischi, dopo aver
perso un occhio per salvarle la vita!
Si sentì terribilmente
in colpa, ma anche terribilmente vigliacca per non essere ancora riuscita
a dirgli quello che provava per lui.
Uscì dalla stanza
e richiuse piano la porta, mentre una lacrima le solcava silenziosa il
viso...
***
Era da poco passata l'ora
di pranzo quando Andrè bussò alla porta del suo ufficio.
"Mi hai fatto chiamare,
hai bisogno di qualcosa, Oscar?" - le aveva domandato con il suo solito
tono pacato e gentile.
Lei gli aveva sorriso.
"Sì...sai, stavo pensando di andare a casa stasera, abbiamo bisogno
tutti e due di un po' di riposo...Vieni con me?" - gli disse.
Vedendo la sua espressione
stupita si sentì in dovere di continuare. "….Non vedi tua nonna
da due settimane!" - gli fece osservare.
"Va bene...allora a più
tardi." - si era limitato a ribattere lui, facendole il saluto militare
ed uscendo dalla stanza.
La vecchia Marie era
stata immensamente felice di riavere i "suoi" ragazzi a casa ed aveva preparato
una cena degna delle grandi occasioni.
La serata era trascorsa
tranquillamente, solo Madame de Jarjayes si era resa conto, notando lo
sguardo della figlia nei confronti di Andrè, che qualcosa stava
succedendo.
Quando Oscar chiese ad
Andrè di fare due passi fino al laghetto prima di andare a dormire,
lei li aveva guardati, in silenzio dalla finestra, allontanarsi in giardino.
Arrivati vicino alla
riva i due ragazzi si sedettero per terra senza dire una parola, mentre
la dolce brezza primaverile accarezzava loro i capelli ed i vestiti.
Oscar inghiottì
un paio di volte poi si sedette più vicino ad Andrè, sfiorandogli
la mano. Lui quasi trasalì.
"Va tutto bene?" - gli
chiese dolcemente.
"Sì, certo..."
- rispose lui, incerto, senza trovare la forza di staccare la sua
mano da quella di Oscar.
Lei la strinse più
forte, guardandolo negli occhi.
"Andrè, io...vorrei
che tu lasciassi l'uniforme." - gli disse, con la voce che tremava.
"Perché me lo
chiedi? Lo sai che non succederà mai, almeno finché non lo
farai anche tu..." - il suo tono era incredibilmente stanco.
Oscar si alzò
in piedi ed alzò il viso, guardando le stelle che si riflettevano
nello specchio d'acqua del piccolo lago. Andrè si accorse che stava
piangendo.
Si alzò anche
lui e la raggiunse. D'istinto la abbracciò, cingendole la vita con
le braccia ed appoggiando il viso sulla spalla.
Oscar si abbandonò
a quell'abbraccio così dolce e protettivo, incurante delle lacrime
che scorrevano libere sul suo viso.
"Sono preoccupata per
te, ogni volta che monti di guardia impazzisco all'idea che possa succederti
qualcosa!". Basta fingere, basta scappare, adesso sentiva che era arrivato
il momento di dirgli tutto, altrimenti il suo cuore avrebbe corso il rischio
di scoppiare!
Si girò fra le
sue braccia e gli appoggiò il viso sul petto.
"Ti amo, Andrè!
Mi sento così stanca, confusa ma so che l'unica cosa che voglio
è starti vicino. Ho capito che se non sei con me niente di quello
che faccio ha più senso...".
Andrè aveva ascoltato
in silenzio quella inaspettata confessione, sopraffatto dalla gioia. Il
cuore che sembrava volergli balzare fuori dal petto, le labbra affondate
nei capelli di lei.
Oscar continuò:
"Riuscirai mai a perdonarmi per tutto il male che ti ho fatto...dimmi che
non è troppo tardi per rimediare!" - lo implorò.
Lui le sollevò
il viso e la guardò con una dolcezza infinita.
"Io ti ho già
perdonato da tanto tempo, Oscar...Anzi, non sono mai stato in collera con
te. Credo che non potrei mai esserlo, ti amo troppo!"
"Andrè..."
"Adesso però smettila
di piangere..." - le disse asciugandole le lacrime.
Lei lo guardava in silenzio,
ma i suoi occhi azzurri in quel momento dicevano più di mille parole.
Si baciarono. Un bacio
lungo, dolcissimo che li lasciò senza fiato.
Quando alla fine si separarono
Oscar lo strinse ancora più forte a sé, quasi avesse paura
che quel momento finisse, che lui andasse via.
"Ti prego, portami ad
Arras...Noi due, da soli..."
"Va bene, se vuoi domani
ci prendiamo qualche giorno di licenza e partiamo." - le disse continuando
ad accarezzarla - "Adesso però andiamo, l'aria si sta facendo fresca,
ci prenderemo un malanno!". E si avviarono verso casa, abbracciati.
***
Per Oscar e Andrè
non era stato facile giustificare con il resto della famiglia il fatto
che all'improvviso avessero deciso di lasciare Parigi per una vacanza,
con tutto quello che stava succedendo in quei giorni.
Il generale Jarjayes,
come suo solito, aveva dato in escandescenza alla notizia, dando loro degli
irresponsabili. Oscar però non ci aveva dato troppo peso e si era
limitata a dire che era molto stanca ed aveva assoluto bisogno di una vacanza.
Sua madre non aveva detto
nulla, però dopo poco l'aveva raggiunta nella sua stanza e, abbracciandola
come non faceva da tanto tempo, le aveva augurato buon viaggio.
"Andrè viene con
te, non è vero..." - le aveva domandato.
"Si..." - le rispose
Oscar guardandola negli occhi. Non ci fu bisogno di altre parole.
Madame de Jarjayes le
aveva accarezzato il viso, come quando era bambina e si era voltata per
uscire.
"Mamma...” - l'improvviso
richiamo di Oscar l'aveva fatta tornare sui suoi passi. A questo punto
fu la ragazza ad andarle incontro, cercando di nuovo le sue braccia.
"Ti voglio bene, mamma.
Tanto...lo sai, vero? Qualunque cosa succeda...".
"Lo so, lo so, piccola
mia...Anche io te ne voglio e spero soltanto che tu possa essere felice,
qualunque cosa ci riservi il destino.".
Anche in caserma non
erano mancati i commenti, tuttavia trattandosi di una licenza di pochi
giorni non c'erano stati particolari problemi.
Andrè stava radunando
le sue cose quando Alain lo aveva raggiunto in camerata.
"Ho saputo che tu e il
comandante vi prendete una vacanza!" - aveva esordito con il suo solito
sorriso bonario.
"Si, credo che tutti
e due ne abbiamo proprio bisogno..." - si era limitato a ribattere Andrè,
con tono volutamente indifferente.
"Hey, come siamo permalosi
Grandier! La mia non era una battuta sarcastica...volevo solo augurarti
buon viaggio!" - gli rispose lui, dandogli una sonora pacca sulla spalla
- "Cercate di riposarvi, se succede qualche cosa penserò io ad informarvi
subito...".
"Grazie Alain....e scusami
per prima, non volevo.".
"Non importa, abbiamo
tutti i nervi a fior di pelle ultimamente. Mi sa che quando torni me ne
andrò anche io per un po'! Ciao...".
Andrè sorrise
e lo guardò mentre lasciava la stanza. Si rese conto che dietro
quei modi rudi e quel carattere irascibile Alain nascondeva un animo sensibile
come pochi. Era davvero l'amico più prezioso che avesse mai avuto.
Aveva capito ogni cosa, ne era certo...
***
Il viaggio era trascorso
senza particolari intralci ed Oscar e Andrè erano arrivati ad Arras
nel tardo pomeriggio.
Avevano mangiato qualche
cosa e poi Oscar si era seduta di fronte al caminetto, mentre Andrè
era andato a prendere una bottiglia di vino fresco e due bicchieri.
Sorridendo le aveva passato
uno dei calici e si era seduto accanto a lei, abbracciandola.
Oscar aveva bevuto un
po' del vino, godendosi fino in fondo quel momento di intimità che
desiderava da tanto tempo. Era una situazione totalmente nuova per lei,
ma non si sentiva a disagio. Al contrario, avrebbe desiderato poter
fermare il tempo in quel momento.
Avevano parlato a lungo,
fino a quando la legna del fuoco non si era consumata interamente.
Vedendo che era tardi,
Andrè la aiutò a rialzarsi e le disse dolcemente: "Non credi
che sia ora di andare a dormire?".
"In effetti..." - si
era limitata ad osservare lei, guardando l'orologio.
Andrè aveva preso
il candelabro e l'aveva accompagnata fino alla porta della sua camera.
Si erano guardati per
un istante che era sembrato a entrambi infinito. Poi, con la mano che tremava
leggermente, Andrè l'aveva accarezzata e l'aveva baciata dolcemente.
"Buonanotte..." - le
aveva sussurrato in un orecchio.
"Buonanotte..." - gli
aveva risposto lei, richiudendosi la porta alle spalle.
Oscar si spogliò
e, una volta indossata la camicia da notte, aveva passato alcuni minuti
ad indugiare davanti alla grande specchiera.
Si rese conte che decisamente
non era quello il finale di serata che avrebbe desiderato e, quando si
stese a nell'ampio letto, non avrebbe mai creduto potesse sembrarle tanto
freddo....
***
Oscar si era svegliata
molto presto quella mattina. Affacciandosi alla finestra aveva visto Andrè
passeggiare assorto nel vialetto, con in mano un giornale.
Si era seduto su una
panchina, sotto le querce che la primavera aveva già reso di un
verde brillante.
Si vestì in fretta
e lo raggiunse.
"Buongiorno! Che cosa
è successo che siamo tanto pensierosi stamattina?" - gli aveva detto,
tanto per iniziare il discorso.
"Ho appena visto questo,
l'ha portato alla locanda un mercante arrivato da Parigi." - era una copia
del giornale dove lavorava anche Bernard.
Oscar lo prese e scorse
con lo sguardo attento gli articoli in prima pagina.
"Non credevo che la situazione
fosse già a questo punto..." - aveva osservato tristemente - "E'
evidente che perfino a noi ufficiali non hanno mai detto fino in fondo
come stanno le cose!".
Andrè la guardava
con un'espressione triste "Già...Oscar, se ci dessero l'ordine di
usare le armi per sedare i disordini cosa faresti?" - buttò lì,
prendendole una mano nella sua.
"Spero davvero che non
si arrivi a questo...comunque non credo che riuscirei mai a far aprire
il fuoco su donne e bambini! Francamente penso che anche Alain e molti
degli altri soldati non obbedirebbero mai ad un ordine del genere...".
"Lo penso anch'io..."
.
Oscar, vedendo che si
era rattristato cercò di cambiare discorso.
"Adesso però cerchiamo
di non pensare a certe cose, almeno per un po'....In fondo siamo qui per
riposare, no? Io ho fame, e poi ho voglia di fare una bella cavalcata.
Che ne dici?".
"Agli ordini, comandate!"
- le rispose lui, abbozzando un sorriso e facendo finta di renderle il
saluto militare.
"E smettila! Qui non
siamo in caserma...".
"Che ci vuoi fare, ogni
tanto me ne dimentico!" - disse lui, baciandola.
La giornata era trascorsa
tranquilla e i due giovani avevano cercato di non pensare a tutto quello
che stava succedendo a Parigi.
Si era già fatto
buio. Andrè stava preparando la cena, mentre lei apparecchiava
alla meglio la tavola della sala.
Lo guardò e per
la prima volta si rese conto di essere turbata. Era così bello Andrè,
anche in quei semplici gesti quotidiani...
Quando si voltò
per portare in tavola i due piatti si accorse che lei stava ancora fissandolo,
imbambolata.
"Hey, guarda che qui
si raffredda tutto!" - le disse. Oscar arrossì...
Per tutta la durata della
cena si scambiarono solo poche parole e dopo, mentre stavano distesi davanti
al camino, abbracciati, l'unica cosa che Oscar riuscì a focalizzare
nella sua mente confusa era che non voleva passare un'altra notte da sola...
Quando Andrè si
alzò con l'evidente intenzione di andare a dormire tutto le fu improvvisamente
chiaro. Decise che la sola cosa che poteva fare era ascoltare quello che
il suo cuore le stava gridando e che per tanto tempo si era sforzata di
ignorare.
Mentre Andrè accendeva
i due doppieri da portare nelle camere Oscar si alzò, gli si avvicinò,
prendendogli le mani e guardandolo dritto negli occhi. Lui sembrava accarezzarla
con il suo sguardo così profondo...
"Andrè io...non
voglio restare sola...non stasera!" - fu tutto quello che riuscì
a dirgli.
"Oscar..." - lui la prese
tra le braccia, stringendola come mai aveva fatto prima di allora.
"Sei davvero sicura..."
- le chiese, quasi timidamente.
"Non sono mai stata tanto
sicura di qualcosa in vita mia. Ti amo, Andrè. So solo questo...e
non mi importa che cosa potrà succedere domani!".
"Ti amo anch'io...ti
ho sempre amata. L'unica cosa che voglio è farti felice...".
"Allora tienimi stretta...".
Si scambiarono un lungo,
dolcissimo, bacio. Poi Andrè la prese in braccio e si avviò
verso il corridoio.
Oscar sentiva il suo
cuore battere all'impazzata, ma non era paura...Non si era mai sentita
tanto tranquilla e protetta in vita sua.
Quella notte sarebbe
stata soltanto loro, non desiderava altro. Desiderava solo che Andrè
continuasse a stringerla così...per sempre.
Una sconosciuta, meravigliosa
sensazione di gioia invadeva ogni fibra del suo essere e sentì nel
più profondo di se stessa che, qualunque cosa le avesse riservato
il destino, non avrebbe mai più conosciuto né la paura né
la solitudine, fino a quando Andrè sarebbe stato vicino a lei.
"Non c'è nulla
che non potremo affrontare, insieme..." - fu l'ultimo pensiero che riuscì
a formulare, prima di abbandonarsi completamente fra le braccia di lui.
Fine
Midori